Il Museo Civico di Nepi si avvale di un moderno e affascinante apparato espositivo che si propone di illustrare, attraverso i reperti archeologici, l’evoluzione storica della città e del suo territorio dall’età preistorica sino ad arrivare al Rinascimento.
Di questo lungo periodo temporale, la testimonianza più notevole e che caratterizza e rende unica nel Lazio la collezione museale è costituita dai materiali provenienti dalle necropoli falische (VII – IV secolo a.C.) che circondano l’abitato.
Già all’inizio del VII secolo a.C. la presenza di raffinati corredi funerari, composti da reperti ceramici frequentemente decorati da incisioni, poi riempite con sostanze colorate, dimostra l’esistenza di una società ben organizzata, all’interno della quale emerge la presenza di un ricco ceto aristocratico. La varietà dei materiali ceramici ed il numero sempre maggiore di oggetti di lusso provenienti dal mondo greco e orientale recuperati all’interno delle tombe, indica come la ricchezza della classe dominante sembri accentuarsi durante il VI secolo a.C..
Molti dei reperti (coppe, brocche, ecc.) sono legati alla pratica del “simposio” che dal mondo greco si era diffusa in quello etrusco e falisco e che prevedeva che i partecipanti bevessero vino, mescolato con acqua e “aromatizzato”. Uno strumento bronzeo, costituito da un contenitore a vasca troncoconica traforata su cui si innesta un lungo manico cavo terminante con due eleganti teste di cigno, doveva appunto fungere da infusore, all’interno del quale venivano inserite delle fragranze per insaporire il vino.
Questo oggetto, che per la sua particolare forma non trova confronti diretti nel mondo etrusco, proviene dalla “necropoli di Sante Grotte”, un’area cimiteriale situata a pochissima distanza dal centro abitato di Nepi che ha restituito importanti corredi funerari databili fra il VII ed il III secolo a.C.
Lo scavo di quanto rimane della necropoli, effettuato fra il 2003 ed il 2004, ha consentito, infatti, di recuperare, oltre a ceramica di produzione locale, manufatti di produzione etrusca e greca, oggetti in bronzo ed ornamenti personali in oro ed argento.
Il fascino di queste scoperte può essere rivissuto dal visitatore attraverso un video che con immagini sensazionali documenta le fasi più suggestive dello scavo.
Dopo la conquista romana, all’inizio del IV secolo a.C., Nepi mantenne la sua prosperità grazie anche alla sua collocazione lungo il percorso della Via Amerina, tracciato realizzato durante il III secolo a.C. per collegare Roma all’Umbria.
All’interno dell’esposizione museale un plastico in scala 1:1 ricostruisce una delle importanti scoperte effettuate lungo l’antico percorso stradale: un colombario costituito da sepolture ad incinerazione collocate entro nicchie scavate sulle pareti e sul piano del banco tufaceo.
Il reperto di maggior prestigio che è rimasto dell’età romana è, però, la testa marmorea che raffigura Augusto capite velato. La sua provenienza è ignota, ma doveva appartenere ad una scultura, una statua togata, posta all’interno di un importante edificio pubblico cittadino. L’abbigliamento, costituito dalla toga e dal velo che copre il capo, tipico del sacerdote o di colui che è intento nella pratica religiosa, ha lo scopo di presentare l’immagine di Augusto esaltandone la virtù morale.
La testa fu trafugata negli anni ’70 del secolo scorso e se ne persero le tracce, sino a che alcune ricerche non ne permisero il recupero nel 2016.
I materiali più recenti in esposizione appartengono al massimo periodo di splendore di Nepi, vale a dire il XV -XVI secolo.
Fra i reperti, uno stemma, recante le insegne della famiglia Borgia unite a quelle degli Aragona di Napoli, costituisce una rara testimonianza del periodo in cui Lucrezia Borgia, dopo aver contratto matrimonio con Alfonso d’Aragona duca di Bisceglie, fu investita dal padre, Alessandro VI, del Ducato di Nepi (1499-1501).
A Cura di:
Dottor Stefano Francocci