Con il progressivo diffondersi del Cristianesimo, le prime comunità cristiane ebbero la necessità di dotarsi di proprie aree funerarie, separate da quelle pagane. Questi cimiteri, chiamati “catacombe”, si svilupparono a Roma a partire dalla fine del II secolo, caratterizzandosi per la presenza di gallerie scavate nel sottosuolo. Nel territorio laziale le catacombe fanno la loro comparsa non prima della fine del III secolo. Fra quelle ancora esistenti, la catacomba di Nepi appare come una fra le più monumentali.
Malgrado la sua estensione sia limitata rispetto alle catacombe di Roma, le sue ampie ed alte gallerie scavate nel tufo la rendono un monumento straordinario.
Al suo interno tombe “a mensa”, tombe “ad arcosolio”, “formae” pavimentali, nicchioni funerari e semplici loculi per un totale stimato a più di mille sepolcri.
La catacomba prende il nome dalla matrona Savinilla che, secondo un documento di età medievale, la Passio sanctorum Tholomei et Romani, avrebbe raccolto i corpi dei Santi Tolomeo e Romano, martirizzati sotto l’imperatore Claudio, deponendoli all’interno della cripta scavata nella sua proprietà. L’imperatore in questione sarebbe da identificare con Claudio “il gotico”, regnante negli anni 268 – 270. I dati archeologici, in particolare le lucerne ed i pochi resti pittorici, hanno evidenziato come il cimitero sia rimasto in uso dal IV sino alla prima metà del V secolo. La tradizione popolare ha voluto identificare in una sepoltura ad arcosolio la tomba di San Romano per la presenza di un affresco degli inizi del XIV secolo che ne riveste il sottarco.
All’interno di due pannelli, spiccano nell’oscurità la raffigurazione del busto del Cristo benedicente e quelle di due apostoli, Giovanni e Giacomo Maggiore.
In età medievale sorgeva sul luogo una chiesa dedicata a San Tolomeo, poi demolita nell’anno 1540 a seguito della realizzazione delle mura fortificate della città.
Secondo la tradizione locale la demolizione della chiesa portò alla riscoperta del cimitero sotterraneo, da tempo abbandonato, ed al ritrovamento dei corpi dei Martiri ancora intatti. Questa tradizione che lascia intendere un lungo abbandono della catacomba è smentita, oltre dall’affresco del XIV secolo, dal ritrovamento di lucerne di età medievale e da un documento del 1492 che ricorda l’esistenza delle gallerie.
Come avvenne per altre catacombe, anche se cessò l’utilizzo del luogo come cimitero, la presenza delle tombe dei Martiri innescò una frequentazione devozionale che si perpetuò attraverso i secoli.
Il 24 agosto si celebra la ricorrenza del martirio di San Tolomeo e San Romano, patroni di Nepi, ed ancora oggi la catacomba è aperta al pubblico per permettere ai credenti di testimoniare la loro fede.
Fra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700 fu realizzato un nuovo edificio, l’attuale chiesa di “San Tolomeo fuori le mura”, da cui è tuttora possibile accedere al monumento.
L’erezione di questa struttura portò alla cancellazione di parte della catacomba. La conferma di ciò si è avuta dai recenti lavori di restauro che hanno permesso di indagare sotto la pavimentazione della chiesa. Gli scavi hanno rivelato come parte della superficie dell’attuale edificio fosse occupata dalle sepolture scavate nel banco tufaceo e che l’attuale ingresso alle gallerie non corrisponde all’originale.
I lavori compiuti all’interno della catacomba, a partire dalla seconda metà degli anni ’80 del secolo scorso, hanno portato al rinvenimento di molti reperti, in larghissima parte lucerne databili fra il IV e il XVIII secolo, oggi esposti all’interno del Museo Civico.
A Cura di:
Dottor Stefano Francocci